L’indignarsi è una virtù, un giusto mezzo tra l’indifferenza e la collericità di fronte ad un oltraggio patito o a un’ingiustizia subita. Così teorizzava Aristotele nell’Etica Nicomachea (IV, 11). E che cosa, continuava il filosofo, esprime meglio l’indignazione di un buon insulto? Anche Jorge Luis Borges nella sua Storia dell’Eternità descrisse i pregi dell’arte dell’insulto, nella speranza che prima o poi qualcuno ne compilasse davvero una.
In qualche modo, anche se per lui forse troppo tardi, è stato accontentato: sia dalla pubblicazione postuma del volume L’arte di insultare, di Arthur Schopenhauer, un’antologia dell’insulto secondo l’autore de L’arte di ottenere ragione; sia dall’account Twitter di Vittorio Sgarbi (47.543 followers ad ora) che – forse involontariamente – ha compilato, non risparmiandosi con nessuno, una gustosa storia di insolenze a persone più o meno sconosciute ed incontrate per caso in rete. Date un’occhiata qui: troverete tutte le frivolezze e i coloriti apoftegmi in 140 caratteri del nostro. Forse un riassunto che non dà giustizia alla dialettica del critico d’arte (che il centinaio di caratteri sia poco per lui?), ma che certo ne connota l’indole non quieta e non ben disposta all’ignoranza diffusa tipica del nostro Paese.
E se Sgarbi senza paura cinguetta a suon di improperi ci sono altri VIP che invece da Twitter scappano. E’ il caso di alcuni personaggi, per primo Fiorello, che hanno preso le distanze dal Social Network perché non sopportano le provocazioni dei cattivissimi troll.
Che siano delle capre?